PROLOGO: Villa Stark, Quartier Generale dei Vendicatori, New York City.

 

Sullo schermo, i suoni della battaglia erano un commento più che adeguato al posto della tradizionale descrizione da parte del cronista. Senza contare che sarebbe stato…offensivo, ridurre un simile evento ad un commento concitato.

Uno scontro fra titani, letteralmente: da una parte, quattro creature interamente, apparentemente, composte dei quattro elementi basici –acqua, fuoco, aria, terra. Dall’altra, un super-robot, un cavaliere in armatura alto oltre trenta metri, dalla corazza di un uniforme grigio metallico, con un elegante elmo, aperto in due placche craniali, dotato di due paia di corna gialle a ‘L’ poste sulle tempie e piastre scarlatte, simili a ‘V’ tronche, sul petto.

La battaglia, sul canale della CNN, stava volgendo al termine per l’ennesima volta. Due elementali erano stati distrutti, e gli ultimi due, Aria ed Acqua combinati in una sola creatura, stavano per essere investiti da una scarica di corrente di tale potenza da scindere Acqua e fare esplodere il suo idrogeno, creando un vuoto che avrebbe annientato aria.

E così successe. Sconfitti quei nemici, il robot fu avvolto da un bagliore, e scomparve.

L’inquadratura tornò sullo studio della CNN, dove l’anchorman stava iniziando a dire, “Non ci sono notizie di questi*click*

Lo schermo fu spento.

“Sarei molto tentata di puntare il dito sullo Zilnawa,” disse Wasp, il volto teso a rispecchiare la stessa tensione negli altri Vendicatori presenti alla tavola rotonda. “Tony?”

Iron Man rispose con la sua usuale calma, di chi era abituato a valutare la situazione prima di agire. “Si direbbe una versione potenziata di Mazinwarrior, in effetti. Ma è anche vero che lo Zilnawa sa di essere tenuto d’occhio dall’ONU. E, almeno formalmente, hanno collaborato alla custodia del loro robot. Ed è vero che ancora non sappiamo cosa abbia causato la sua scomparsa.

“In altre parole, brancoliamo nel buio,” disse Scarlet, battendo le dita sul tavolo. “Almeno, sembra che abbiamo a che fare con i buoni.

Wasp annuì. “Tre di quei quattro elementali esordirono nei pressi di Tokyo, anni fa[i]. Una coincidenza?”

“O un trucco, una copertura,” disse Wonder Man, che da un po’ era bloccato nella sua forma ionica. “Andiamo, un’arma non convenzionale come l’Alfa svanisce nel nulla e subito dopo appare il suo fratello maggiore. Dovremmo fare quattro chiacchiere con i Campioni, almeno. E assicurarci che non abbiano qualche sorpresa sgradita nascosta nel loro StarGlider 1000. Non dimentichiamo come siano stati bravi ad inventarsi scuse per la sua assenza durante la Guerra dei Mondi.” In effetti, non solo il mancato intervento di quella superfortezza volante era sospetto, ma se sia quello che il Mazinger fossero stati disponibili, le sorti del conflitto sarebbero state decise in molto meno tempo, e forse senza dovere arrivare allo sterminio totale dei Marziani!

Iron Man,” disse Wasp, “la rete energetica di Quasar segnala solo gli spostamenti da e per lo spazio. Capitan Marvel non è ancora disponibile 24 ore su 24 con il suo senso cosmico. Ci occorre un network satellitare per localizzare e seguire gli spostamenti di queste super-macchine.

Posso predisporlo al più presto, ma dovrò usare molte risorse…”

“Nessun limite di spesa. Come Ordine, dobbiamo essere in grado di prevenire e sventare ogni minaccia speciale. Ogni investimento di tempo e denaro sarà ampiamente ripagato dai risultati. Se anche queste macchine fossero gli eredi degli Shogun Warriors, non potranno sentirsi libere di scatenare conflitti su una scala tale da distruggere intere città.

Se necessario, dovremo distruggerli.”

 

 

VALERIO presenta

SHOGUN WARRIORS

Episodio 4 – PRELUDIO ALLO SCONTRO: IL NEMICO FA LA PRIMA MOSSA!

 

 

Base Astra, Isola di Santuaria (già Isola del Drago), Atlantico del Nord

 

La piattaforma idraulica terminò la propria discesa. Il colossale Mazinwarrior fu subito preda di un esercito di piccoli robot diagnostici e meccanici, che lavorarono su di lui come le api operaie accudiscono la regina.

Dalla parete dell’hangar a pianta cilindrica emerse una piattaforma estendibile. Quando fu arrivata ad un passo dalla cabina di comando sita nella fronte del robot, la calotta si aprì con un ronzio. Il pilota, vestito di un costume-armatura blu, con una grande ‘T’ bianca stampata dalle spalle alla vita, si tolse l’elmo, rivelando la figura di un uomo dal volto duro, forte. I suoi capelli neri erano tagliati corti. I baffi erano uniti alle tempie da un bel paio di favoriti.

L’uomo uscì dalla cabina, e si incamminò lungo la piattaforma. Dietro di lui, un braccio meccanico si snodò all’interno del cranio del robot. Poi, estrasse da esso l’intera cabina, consistente in una specie di velivolo scarlatto. Gli occhi di Mazinwarrior si spensero.

 

Al termine della piattaforma, nel corridoio, il pilota trovò un uomo magro, in camice bianco, avanti con gli anni. Il suo volto era decorato da una calvizie incipiente dei capelli grigi, ed un paio di folti baffi pure grigi. Un paio di occhiali a montatura tonda gli conferivano l’aria più da Preside che da scienziato.

“Nel complesso, Lobo, hai fatto un buon lavoro,” disse l’uomo. “Pochi errori, che con l’esperienza potrai imparare a prevenire.

Il pilota fece spallucce. “Troppo buono, Doc Tambura. Vuol dire che potrò cenare, stasera? Salvare il mondo mette fame.

L’anziano accademico era apparentemente imperturbabile. “Salvare il mondo è un’attività dove gli errori sono scarsamente tollerati, amico mio. Scoprirai che…” si interruppe, al suono frenetico e ticchettante che giunse dal corridoio. Non fecero in tempo a capire cosa fosse, che qualcosa scaraventò a terra il pilota. “Maccheccrist…Ehi, buono, piccolo! Ahi!”

Ilqualcosa’ era uno strano animale, un lupo a cui avessero apportato delle caratteristiche fisiche umane! Era poco più grande di un ragazzino di quindici anni, e ne possedeva, a suo modo, tutto l’entusiasmo! In un attimo, stava facendo del suo meglio per leccare via qualche strato di pelle dalla faccia di Lobo, purtroppo alternando a tale manifestazione di gioia altrettanto gioiosi morsetti alle spalle ed al collo.

“Ehi, Rover, datti una calmata, su,” fece l’uomo di nome James McDonald, il ‘capo’ dei sei Thunderiders, afferrando la creatura per le ascelle. “Sembra che ti abbia preso in simpatia, lupo solitario. Risatine si levarono fra gli altri quattro membri, Winthroap Roan Jr, Georgianna Sue Castleberry, Luke Merryweather e Leonard Hebb.

Lobo si alzò in piedi, sbuffando. “Basta che non ci ripro…ehi!” Rover si era messo fra le sue gambe, guardandolo speranzoso, con un’espressione decisamente umana nel suo muso un po’ schiacciato. Solo a quel punto, Lobo si accorse che al collo, adesso, portava un bel collare, e dei bracciali con taschini ai polsi. Con gesti collaudati, da un taschino la creatura estrasse un foglietto ripiegato, e lo porse timidamente a Lobo.

L’uomo lo prese, lo spiegò… “Qualcuno mi spiega cosa significa questa storia?”

Rispose Tambura, aggiustandosi gli occhiali. “Abbiamo fatto uno scan genetico da qualche suo pelo, poco dopo che lo avete portato qui: si tratta di un lupo geneticamente incrociato con gene umano. Un esemplare adulto, con un’intelligenza umana a livello…infantile, direi di un bambino prepubescente. Molto vispa, oserei dire. Da qualunque laboratorio sia scappato, si erano premuniti di addestrarlo all’inglese standard scritto ed alla comprensione di quello parlato.

“Laboratorio?”

Rover alzò il braccio destro. Sul polso, fra la pelliccia, spiccava quello che era senza dubbio un codice a barre!

“Mentre ti vedeva combattere, sullo schermo,” disse Joanna, “ha fatto il pazzo per avere carta e pastelli. Senza che gli dicessimo nulla, ha cominciato a fare…quello.”

Lobo riprese a guardare il disegno -appena uno schizzo, che mostrava i Thunderiders in posa difensiva, disposti in cerchio intorno a lui. Con mano di bambino, illupo’ aveva scritto sopra il cerchio, unendo la parola alle figure con delle frecce, BRANCO, e una freccia indicava sé stesso, con un IO.

Signore iddio,” disse Lobo. Quella storia stava scivolando nel surreale ad ogni minuto che passava…

In quel momento, un suono venne dal cercapersone alla cintura di Tambura. L’alieno, che di umano aveva solo la forma, controllò il display. “Uhm, Cassio vorrebbe parlarvi. Un vero evento, direi.

“Cassio?” fece Cowboy Luke.

Un assenso. “Cassio è il nostro capo meccanico. Imbattibile nel riparare in fretta una macchina e rimetterla in forma per il combattimento usando solo il classico sputo e fil di ferro. Adora molto le macchine, ed è più il tempo che passa con loro che con un essere vivente, se si esclude Jo, il suo gatto.”

Sei menti umane ed una lupina immaginarono subito un pezzo di omone, costruito come un gorilla e magari con lo stesso grugno, ed una barba maltenuta, che puzzava di olio per motori. Oppure un nerd segaligno con certi occhiali spessi come la lente dell’Hubble ed i capelli lunghissimi e tenuti insieme dalla propria sporcizia…

Tambura si era già avviato nell’hangar. “Coraggio, signori. Cassio fa un lavoro difficile, ma non morde…di solito.

Chissà perché, questo non li rassicurò affatto, mentre lo seguivano mestamente.

 

Nei cieli, l’aereo di linea era a metà del suo viaggio, che lo avrebbe portato dal Madagascar verso gli Stati Uniti.

A bordo, Ilongo Savage, biologo marino, era perso in pensieri preoccupati. Pensieri che andavano alla sua breve carriera di pilota di uno Shogun Warrior, Danguard A.

Danguard A era stato distrutto, così come Raydeen e Combattler V. La loro tecnologia era persa per sempre, il Santuario distrutto da un’esplosione nucleare. I Seguaci della Luce erano morti. Quindi, chi diavolo aveva portato quel pezzo da 90 in battaglia? Al telefono, Richard aveva detto giusto: dovevano riunirsi, elaborare una strategia comune, aiutare le autorità a comprendere se questo nuovo robot fosse…

In quel momento, il Sole scomparve!

Mentre i passeggeri iniziavano a congetturare e ad attaccarsi ai finestrini, lui guardò il cielo fuori dal proprio finestrino con occhio più critico, obiettivo: no, il Sole non era scomparso…era stato oscurato da qualcosa di enorme, qualcosa che gettava un’ombra che copriva l’aereo come se questo fosse stato un giocattolo!

“Pronto? Pronto? Qualcuno può sentirmi?” Uno dei passeggeri aveva acceso il telefonino, ed altri seguirono a ruota. Tuttavia, nessuno ottenne un risultato migliore di udire scariche statiche. Poi, improvvisamente, tutti i passeggeri furono colti come da una sensazione di paralisi! Nessuno riusciva a muovere un muscolo.

Poi, ogni luce a bordo si spense. I motori morirono in un ultimo spasmo.

A quel punto, immobilizzato nella sua posizione al finestrino, Ilongo vide che l’aereo aveva cominciato a salire…

 

…Per la precisione, a salire, prigioniero di un cono di energia, verso una gigantesca astronave-fortezza! Un colosso a suo modo elegante, aerodinamico, sulla cui fiancata faceva bella mostra di sé uno scudo araldico su cui capeggiava un teschio umano cornuto.

L’aereo fu fatto entrare nel ventre della bestia meccanica. Una volta dentro, il portello si chiuse.

File di luci si accesero una dietro l’altra. Un braccio meccanico si appoggiò al portello dell’aereo…e lo strappò via. A quel punto, una piattaforma volante, carica di uomini in armatura, il cui elmo era un teschio stilizzato, fluttuò fino all’aereo. Una voce da un altoparlante nell’hangar disse, “Mr. Ilongo Savage, per favore, non renda le cose più difficili. Vuole essere così gentile da venire fuori da solo, o devo dare ordine ai miei uomini di uccidere ogni altro passeggero, prima?”

Dopo qualche istante, Ilongo si presentò al portello. “Sono disarmato, amico, chiunque tu sia,” disse, tenendo le mani in vista. L’altoparlante distorceva leggermente la voce…ma il biologo di colore fu sicuro di averla riconosciuta. E, per la prima volta, ebbe davvero paura!

 

Big Sur, California, USA

 

Richard, ti prego! Sta diventando un’ossessione, non lo capisci?”

Ma Richard Carson, superpagato stuntman della fabbrica dei sogni, era completamente sordo alle implorazioni di sua moglie. Passeggiava avanti e indietro per la stanza come un animale in gabbia. “Io capisco solo che quella macchina da sola ha fatto molto di più di quanto facemmo noi tre insieme!” Si fermò, e fisso Deena con occhi spiritati. “Pensaci! Eravamo in tre, te l’ho raccontato un milione di volte: tre di noi contro tre di quegli Elementali del Male. Ancora oggi credo che sia stato un miracolo, sconfiggerli. Se avessero usato i loro poteri in combinazione come hanno fatto con…quello,” ed indicò il televisore spento, “noi saremmo morti. Invece, quel robot, da solo…” sospirò. “Dobbiamo informare le autorità, stabilire un piano per scoprire l’origine di quelle macchine, i loro scopi…”

“Io credo che ti importi per una sola ragione, Richard: tu lo vuoi pilotare.”

Colto alla sprovvista, l’uomo barcollò, gli occhi sgranati. “Eh? Cosa..?”

Deena si alzò dal divano in cui era sprofondata. I suoi occhi erano severi come la sua voce. “Non fingere con me, giovanotto. Quando hai visto quel robot in azione, ti sono brillati gli occhi di una luce che non ti vedevo da anni.” Gli puntò un indice accusatore contro il petto. Lui, imbarazzato, indietreggiò di un passo. “Da quando sei tornato dal Santuario, sei vissuto come il fantasma di te stesso. Fai delle cose strabilianti, sul set, accetti solo ingaggi ad altro rischio, ed hai preso anche a bere fra un lavoro e l’altro: tu odi questa vita, una vita troppo ‘normale’, noiosa. Tu brami ancora di volare nel cielo, combattere per salvare il mondo…Be’, non puoi avere tutto questo, non più!”

Deena…”

Lei si strinse nelle braccia, guardando verso il cielo notturno attraverso la finestra. “Io ti amo, Richard, e per te, per noi due, lotto ogni giorno per aiutarti a tenerti alto il morale…Ma non ce la faccio più. Adesso so che non appena volterò la testa, tu ed i tuoi…amici, vi getterete in questa assurda caccia, per…”

In quel momento, la porta esplose verso l’interno. Colti completamente di sorpresa, Richard e Deena poterono solo guardare con orrore le granate piombare sul pavimento, per poi esplodere in una soffocante nube di gas tenuto ad alta pressione.

Richard avrebbe potuto saltare via, era abbastanza vicino alla finestra…ma era anche vero che non avrebbe abbandonato Deena. E così, poté solo fare un inutile tentativo di trattenere il fiato -cosa che servì molto a poco, visto che il gas era un agente nervino, che penetrò in lui attraverso la pelle…

Poi, tutto si fece buio.

 

Gli uomini di Demonicus entrarono nella casa. Gli ordini erano di portarli sani e salvi alla fortezza volante.

 

Tokyo, Giappone

 

“La ringrazio molto per la sua cooperazione, madame,” disse la stessa voce arrogante che aveva salutato la prigionia di Savage. Una voce che si esprimeva attraverso un microfono nell’elmo del soldato armato, uno dei tanti che ora tenevano sotto tiro Genji Odashu ed il suo uomo, Kosei Ono.

“Lasciatelo andare come avete promesso,” disse la donna, mantenendo il sangue freddo. Dentro di sé, provava gli stessi timori di Ilongo, visto che anche lei aveva riconosciuto la voce del loro catturatore.

Tsk tsk, Odashu-San. Io ho promesso di liberare Mr. Ono solo quando avessi portato a termine il mio incarico con successo. Preghi che il mio piano riesca, o lui la seguirà nei giardini dei Samurai,” aggiunse con tono sfottorio.

“Mi dispiace…” fece Kosei, mentre veniva ammanettato.

L’appartamento di lui era un disastro, dopo la lotta che Genji aveva intrapreso con i sicari di Demonicus -oh, era difficile dimenticarsi del loro atroce gusto in fatto di stile!- e quelli che erano caduti, si erano letteralmente disintegrati. Poca soddisfazione, purtroppo!

Genji e Kosei furono portati fuori in fretta, verso la loro prigione e verso il loro destino…

 

“Cassio? I nostri amici sono qui.”

Come prevedibile, del capo-meccanico, intento su una porzione della gamba destra di Mazinwarrior, si poteva vedere solo la schiena coperta dall’immancabile tuta grigioverde e ‘leopardata’ dalle veterane di tutte le macchie d’olio –almeno, Cassio era un uomo in gran forma, ne’ un bruto ne’ un nerd.

“Finalmente. Era anche l’ora,” disse…con una voce indubbiamente femminile, calda e sexy. Almeno 4 cuori umani ed uno lupino ebbero un sussulto.

“Così, voi siete gli eroi?” Cassio si voltò. E se, con un volo di fantasia, si era potuto equivocare sul suo derriere, adesso la vista dei seni, dei fianchi, e di tutto il resto, evocava solo una calda e sexy musica sax. Oltre a pensieri tutt’altro che pudici, come testimoniarono i cuoricini che brillarono negli occhi, e certe lingue da fuori. Uomini e lupo ulularono allo stesso modo, nella stessa posa, tutti e cinque.

Apparentemente immuni dall’improvvisa esplosione testosteronica furono Wings e il biondo Cowboy, che si limitarono a levare gli occhi al cielo, rassegnati.

Cassio aveva in mano un saldatore elettrico. Lo appoggiò alla spalla, e si avvicinò a Lobo, ondeggiando vistosamente i fianchi, il sogno concretizzato di tutti gli amanti di donne & motori. Persino la sua voce avrebbe potuto essere registrata per un calendario. “Eccolo qua, l’intrepido pilota di MazinwarriorGrande fegatoso, un vero uomo.” Gli solleticò la gola con un indice affusolato, e quasi Lobo fece le fusa. “Mi piacciono, gli uomini spericolati come te. In fondo, ci vuole la stoffa giusta, per pilotare un simile robot, non è vero?”

Il sax continuava a suonare nel sottofondo dei pensieri lascivi di Lobo. Lui balbettò, “Ghi, ghi.” Sorrideva con un scemo.

Be’…a me no!” il cambiamento d’umore fu così immediato che questa volta a Lobo quasi venne un infarto dalla fifa, mentre Cassio gli serrava la gola in una mano ora d’acciaio. Lei lo trascinò ad un millimetro dalla propria. Aveva gli occhi da amazzone assassina, grigi come una nuvola temporalesca e, forse, anche attraversati da fulmini. “Bello, questo vale per te come per voialtri: in battaglia ci si fa male, che mi piaccia o no: ma azzardatevi a fare una gibollata ai miei robot per giocare agli stuntmen, e sarà l’ultima cosa che farete, da uomini!” e a sottolinearlo, avvicinò pericolosamente la punta del saldatore alle parti basse del malcapitato. Dietro di lui, gli altri tre Cavalieri si toccarono ivi per simpatia.

Lobo annuì freneticamente, sperando che il ghigno isterico che cercava di spacciare per sorriso fosse sufficiente.

Lo fu. Cassio lo lasciò andare, cioè quasi lo getto via, che, nuovamente di colpo, la sua espressione si fece tutta ‘tenerona’. “Ihh, che carinY che sei!” disse all’indirizzo di Rover, che si era nascosto dietro le gambe di Georgianna. Tremava come una foglia e uggiolava.

Lei si accosciò. “Su, che non ti faccio niente…” un breve cipiglio “Tu non sei un pilota, vero?”

Rover scosse energicamente la testa.

Cassio tornò a sorridere, e gli arruffò la testa. “Allora va tutto bene. Il mio povero Jo si sentiva così solo, senza altri quattrozampe per la base. Sai com’è, qui basta un pelo a guastare un milione di Euro in circuiti…”

Rover sembrò soddisfatto di quelle attenzioni, anche se non si fidava ancora più di tanto.

Cassio si alzò in piedi. “Su, che ti presento Jo. Il suo nome completo è Jojin, ma mi fa sempre impappinare la lingua…” avvicinò una mano alla bocca, e chiamò, “Jo? Gatto Jo? Vieni, piccolo, che c’è un nuovo amico, qui!”

“Mi dica che è completamente pazza,” sussurrò Reddy a Tambura.

“E’ la migliore,” fece sempre sottovoce lo scienziato. “Non la scambieremmo per tutto l’oro del mondo.”

Rover, intanto, stava tendendo istintivamente il naso verso la direzione in cui Cassio stava chiamando. Fra ozono, circuiti, metallo e umani, era difficile puntare verso l’esatto proprietario di Jo. Gli sembrava familiare, tuttavia…

Jojin arrivò da dietro un angolo del piede di Mazinwarrior. Faceva le fusa, il micionecioè, il puma.

Rover divenne bianco come un lenzuolo dopo un candeggio forte. Quasi la pelliccia se ne scappò prima di lui. Cacciò un urlo, e si arrampicò su per la parete più vicina.

Rover, i lupi non si arrampicano su per le pareti,” disse Honcho.

*?* Rover fece una faccia come Wile E. Coyote dopo essersi appena accorto di stare correndo nel vuoto… *!* E cadde giù.

Subito ‘gatto’ Jo si avvicinò almorfo, e prese a leccarlo in volto con una lingua rasposa non poco, tanto che una palla di pelo ci rimase attaccata. La sputò sul muso di Rover. Rover inalò, starnutì e rispedì al mittente. Jojin ringhiò. Rover ringhiò. Scoppiò subito un tafferuglio, e volò parecchio pelo di entrambi gli opponenti.

“Che teneri, hanno già fatto amicizia,” disse Cassio. Dietro di lei, come gli altri, anche Tambura sembrava un po’ preoccupato.

In quel momento, suonò l’allarme!

“Guerrieri, in sala comando!” ordinò l’anziano scienziato. I Thunderiders scattarono verso l’uscita. Jojin e Rover, rimasti ‘freddati’ nel tentativo di strangolarsi a vicenda, mezzi spelacchiati e ognuno col suo bravo occhio nero. Fecero entrambi per scattare dietro ai Thunderiders…ma furono afferrati per la collottola dalle forti mani di Cassio. “Voi due vi siete conciati da fare paura. Un bel bagnetto vi rimetterà in forma!”

 

La porta scorrevole si aprì, ed il gruppo fu dentro. “Cosa succede?” chiese McDonald.

A rispondere, fu un uomo tarchiato, dall’aria placida, intento a fumare una pipa: il Dottor Charn. “Il nemico si è mosso, ed ha aperto due fronti.

Una risposta, ovviamente, un tantino incomprensibile per gli Americani, che si voltarono a guardare il secondo scienziato presente nella sala: il giovane Dott. Basque. “Demonicus ha rapito i vostri predecessori. Se c’era qualche dubbio in merito, osservate.”

Lo schermo principale mostrava la fortezza volante di Demonicus. Una finestra mostrava una serie di rotte con grosse frecce.

“Ha appena sorpassato le coste sull’Oceano Indiano,” disse Basque, “e dalla sua posizione stimiamo che i suoi obiettivi siano o il Wakanda, o lo Zilnawa o il Murtakesh. O tutti e tre. Ha deciso di metterci sotto pressione, finché siete ancora acerbi.

“Perché non attacca qualche villaggio o città sulla sua rotta?” chiese Cowboy. “Insomma, non è che mi dispiaccia, ma mi sembra strano che non vogliano usare una tattica diversiva…”

Tambura pensò anche che, in quel senso, Merryweather aveva ragione…Sempre ammesso che, alla fine, quei maggiori centri tecnologici o di potere fossero l’obiettivo di Demonicus. L’astronave, come in precedenza[ii], sembrava essere spuntata fuori dal nulla. Perché aveva deciso di apparire così distante dai suoi potenziali obiettivi?

Inutile, ad ogni modo, perdere altro tempo in speculazioni. Tambura si voltò a guardare verso Leonard e Georgianna. “Wrench, Wings, questa volta tocca a voi. Potrebbe essere necessario muoversi su più fronti, e i moduli di Daltanius sono i più indicati.

“Moduli..?” fece Wrench.

“Non c’è tempo. Andate a prendere le vostre tute. Compenserete la mancanza di addestramento con le istruzioni. Andate.”

Un rapido assenso, poi i due piloti scattarono fuori dalla stanza.

Doc, perché non posso andare anch’io? Un minimo di esperienza l’ho fatta, in fondo…” fece Lobo

“Non per adesso.”

“Ma…” quel nuovo tentativo fu freddato da uno sguardo fulminante, e per il momento decise di tacere ed obbedire. Per il momento. Ma se fosse successo qualcosa a quei due, avrebbero dovuto sparargli per impedirgli di prendere il suo robot!

 

Vestiti con una tuta identica a quella usata da Lobo, con una Croce di Malta nera su fondo rosso sulla fronte dei loro caschi, Wrench e Wings entrarono nella stessa stanza che ospitava il tubo che portava al Kaiser Pilder.

Due file di poltrone si trovavano alle estremità della stanza. Una fila di tre, sui cui schienali spiccava un simbolo simile a due sciabole incrociate ad ‘X’, ed una di due, su cui spiccavano le Croci di Malta.

I piloti si accomodarono. Le cinture di sicurezza si agganciarono da sole. Una botola si aprì sotto di loro. Le poltrone percorsero una breve discesa, prima di agganciarsi ognuna all’inizio di una monorotaia. A quel punto, iniziarono a percorrere velocemente le monorotaie, i cui percorsi paralleli terminarono appena Wrench si scoprì a dirigersi lungo una ripida discesa, che lo portò direttamente nella cabina di una specie di piccolo velivolo posto all’inizio di una stretta pista di lancio. Appena la poltrona si fu agganciata al pavimento, e portata in posizione alla cloche, tutti i sistemi si accesero.

Subito, davanti ai suoi occhi, sulla visiera, apparvero le istruzioni per fare partire il suo mezzo.

 

Anche la monorotaia di Wings, ad un certo punto, iniziò un percorso discendente. Nel suo caso, la corsa terminò direttamente nella cabina di un velivolo molto più grande di quello di suo marito. E, come per suo marito, i sistemi si attivarono appena gli scansori nella tuta si interfacciarono al mainframe elettronico della nave.

 

Nella sua stanza, intenta a monitorare l’hangar dei robot, la Dott.ssa Sherna disse, “Signori, appena sarete partiti, vi teleporteremo sul posto. Wrench, ricorda che il tuo robot non può volare, e avrai bisogno del supporto di tua moglie. Ora, andate.”

 

Avendo visto la naturalezza con cui Lobo aveva risposto, e sentendosi comunque pronto per l’azione, l’uomo spinse bruscamente la cloche in avanti, attivando i motori. “Delfino Spaziale, avanti!”

Un getto di fuoco dai propulsori posti sulle ali angolate e dal propulsore principale spinse l’apparecchio con una potenza che gli diede un senso di esaltazione che nessuna moto poteva eguagliare!

 

Gumper, avanti!” Georgianna ripeté la manovra del marito, e il velivolo partì lungo un binario concavo.

 

La corsa del Delfino Spaziale lungo la propria pista fu breve. La pista si estendeva per un centinaio di metri dalla parete rocciosa che ospitava l’hangar. Nel momento in cui il velivolo raggiunse l’uscita, sempre seguendo le istruzioni, Wrench disse, “Antares, fuori!”

Una sezione del terreno roccioso si aprì come il portellone che era, ed il robot nero, rosso e bianco venne fuori. La pista terminava esattamente in modo che il Delfino Spaziale si agganciasse alla sezione posteriore del suo cranio. Agganciamento!

A poca distanza da Antares, Gumper schizzò fuori in un torrente di fumo e fiamme.

Inaspettatamente, un terzo portello si aprì accanto a quello di Antares! La piattaforma idraulica portò alla luce …un leone meccanico! Una maestosa bestia metallica così realistica da sembrare viva. Gli occhi del leone si accesero, ed esso ruggì la sua sfida al cielo.

Che cos’è quello?” fece Wrench. “Chi lo pilota??”

“Quello è Beralios,” rispose Sherna. “È guidato da una sofisticata intelligenza artificiale. Eseguirà ogni vostro comando senza esitare, e può muoversi senza bisogno di comandi dettati continuamente. Pronti per il teletrasporto.”

Pochi istanti dopo, il familiare bagliore avvolse le tre macchine…

 

…Che riapparvero nel mezzo di una giungla.

Esattamente sotto la perpendicolare della fortezza di Demonicus!

Gesù se è grande,” disse Leonard. “E come si aspettano, quei pazzi alieni, che noi da soli possiamo abbatterla??”

“Benvenuti, signori,” tuonò una voce amplificata dalla nave. “Nuovi arrivi, vedo…Tanto meglio: una volta eliminati voi, il vostro compagno solitario sarà ancora più facile da uccidere. La fortezza, però, stava proseguendo la sua corsa verso la propria destinazione. “Scusate se non mi trattengo, ma ho cose più importanti da fare, che mettermi a giocare.

 

Leonard e Georgianna videro un portello aprirsi nel ventre della fortezza: ne emerse un super-robot, attorniato da uno sciame di navette di un design a loro sconosciuto.

“Vi presento i miei amici molto speciali: il nuovo Samurai Destroyer, insieme alla Squadra dei Mechamorfi. Sapranno intrattenervi a dovere, mentre io porto a termine il mio lavoro.” Terminò la frase con una risata.

Il Samurai Destroyer, il robot che da solo aveva annientato gli Shogun Warriors originali! Ma questo modello sembrava, no, era una versione potenziata! E c’erano almeno una ventina di quelle navette di appoggio

Leonard sorrise: in fondo, ne avevano viste di peggio!



[i] Su SHOGUN WARRIOS Marvel USA #2

[ii] Ep. #1